*La cuccumella: cos’è?
Da anni viaggio sempre con una cuccumella, nome dialettale della cosiddetta caffettiera napoletana, un’invenzione francese del ‘700 approdata poi a Napoli. Perché? Perché fare il caffè per me implica condividerlo con qualcun altro. La mia caffettiera fa 2-3 tazze, così ogni volta che preparo un caffè per me lo faccio con lo spirito di condivisione e gentilezza che include anche l’altra o le altre persone. E poi c’è tutta la preparazione che richiede presenza mentale è amore per ciò che si fa. È un atto d’amore, a tutti gli effetti. La cuccumella mi permette di fare un espresso anche solo col bollitore, senza avere il fornello, e di avere un momento di presenza e di casa in ogni nazione, in ogni momento. È il mio piccolo interruttore di ritorno a me. Non la usa più nessuno, è passata di moda dopo la guerra, sostituita dalla Bialetti. Ma per me è eccezionale, ed è facilmente riconoscibile. Prendere un caffè significa discutere, parlare, raccontare. Ci si può fare veramente tanto e diventerebbe facilmente riconoscibile, italianissimo,italianissimo del sud, veicolerebbe messaggi di presenza mentale, semplicità, generosità. Di fatto lo fa, lo faccio da anni. Forse è il momento di dargli più spazio, ci si può ritagliare un format. Non solo! Tempo fa ho iniziato, sulla scia di Esercizi di stile di Queneau, a scrivere dei piccoli racconti a tema caffè in stili diversi: ho fatto Flaubert, Haiku giapponese, flusso di coscienza di inizi novecento.
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Plastics are a touchy subject for many. This Extra podcast episode looks at plastics in art.